Cosa è la “sindrome da deficit di natura”
Il “disturbo (o sindrome) da deficit di natura” è un termine proposto per la prima volta nel 2005 da uno psicoterapeuta americano, Richard Louv, nel suo libro “The last child in the woods”, “l’ultimo bambino nel bosco”.
Come medico rimasi incuriosita dall’accostamento della parola “sindrome” a “deficit di natura”. “Sindrome”, infatti, indica un insieme di sintomi connessi ad una patologia: associarla a “deficit di natura” significa che persone private del contatto con la natura sviluppano una vera e propria malattia.
Louv partendo dall’analisi di alcune espressioni di disagio delle nuove generazioni, quali ansia, depressione, obesità, deficit di attenzione, iperattività, ebbe l’intuizione di mettere in relazione queste manifestazioni con stili di vita sempre più diffusi quali la perdita del contatto con la Natura, il passare la maggior parte del tempo in un mondo altamente tecnologico e la maggior parte della propria vita nelle città piuttosto che in zone rurali. Giunse alla conclusione che la causa di questi disturbi andava ricercata in una educazione o, più in generale, in uno stile di vita che privilegia le attività al chiuso.
Le osservazioni di Richard Louv, anche se innescate dall’osservazione dei comportamenti delle nuove generazioni, si applicano a peno titolo anche a ciascuno di noi, dal momento che stiamo diventando sempre di più una specie che vive al chiuso.
Gli elementi che caratterizzano il nostro stile di vita urbanizzato sono perdita di contatto con gli spazi naturali, la maggior parte del tempo trascorso in auto o davanti a schermi, computer, smartphone, sempre meno tempo libero e una maggiore quantità di tempo dedicato al lavoro o alla scuola, svolti sempre in ambienti chiusi.
Negli Usa ogni persona trascorre in media il 93% del proprio tempo al chiuso e il 6% a bordo di un’automobile; in Europa si rimane al chiuso per il 90% del tempo, spesso sedendo davanti a schermi.
Secondo Louv, il costo umano di “alienazione dalla natura” si misura in diminuito uso dei sensi, difficoltà di attenzione, tassi più elevati di disturbi psichici, come ansia, attacchi di panico, depressione e di malattie fisiche, come conseguenza di alti livelli di stress.
Nel 2009 Craig Chalquist, psicologo statunitense attento all’Ecoterapia, conferma l’intuizione di Louv: trascorrere meno del 5% della giornata all’aperto risulta associato a stress e a un certo numero di malattie croniche.
La buona notizia è che basta trascorrere del tempo in Natura per stare subito meglio, al punto che le immersioni in natura possono davvero essere considerate una forma di Medicina Preventiva.
La spiegazione del meccanismo attraverso cui la Natura ha effetti terapeutici è molto semplice: la nostra specie, Homo Sapiens, si è evoluta circa 300.000 anni fa adattandosi a vivere nelle foreste; da non più di 2.000 anni abbiamo iniziato a vivere nelle città, tempo che corrisponde allo 0,6% del tempo complessivo di esistenza della nostra specie.
Potremmo dire, dunque, che solo lo 0,6% del nostro DNA si è potuto adattare alla vita urbana, mentre il 99,4 % è ancora un DNA forestale: siamo ancora antropologicamente Esseri Forestali!
“Homo forestalis”
Da qui deriva il “razionale” della Medicina Forestale: il nostro organismo si è selezionato per 298.000 anni sull’ambiente forestale, caratterizzato da un’atmosfera molto particolare, e non solo perché più ricca di ossigeno o più pulita rispetto all’aria che si respira in città, ma anche perché ricchissima di tutta una serie di “Molecole Terapeutiche” che le piante producono e rilasciano nell’ambiente esterno, alle quali è stato dato il nome di B-VOC: Composti Organici Volatili di Origine Biogenica, studiate di recente con l’affermarsi della neurobiologia vegetale.
Fino alla fine del secolo scorso si riteneva che tali sostanze fossero casualmente prodotte dalle piante; oggi la scienza, divulgata in Italia con maestria da Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale di Firenze, ha identificato più di 6.000 molecole di B-voc prodotte in risposta a una molteplicità di stimoli: attraverso di esse le piante comunicano fra loro, attirano insetti impollinatori e si difendono dai parassiti.
Anche gli esseri umani, nei millenni, hanno sviluppato nelle proprie cellule i recettori per le molecole di B-voc: per ognuna di esse esiste un recettore che le corrisponde perfettamente e si lega ad esse molto meglio che a molecole equivalenti prodotte in laboratorio.
Questo è il meccanismo su cui si incardina l’efficacia della Medicina Forestale come forma di Promozione della salute e come strumento di cura per la sindrome da deficit di Natura e non solo.
In attesa di riconoscimento
Prima della pandemia da covid-19, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) considerava lo stress “l’epidemia del ventunesimo secolo” e prevedeva che i disturbi mentali e dell’umore potessero raggiungere entro 2020 il 15-20 % del costo globale di tutte le malattie.
Con il confinamento imposto dal covid-19 quelle previsioni sono già state ampliamente superate con l’impennata del ricorso a sedativi, ansiolitici e psicofarmaci.
È noto che lo stress aumenta l’incidenza d’infarto, ictus, tumori, forme di dipendenza, depressione e attacchi di panico, eppure nelle classificazioni mediche ufficiali la “sindrome da deficit di natura” non è ancora codificata ufficialmente come patologia. Non è contemplata nell’ Icd-10, la classificazione delle malattie stilata dall’Oms, né nel Dsm-5, uno dei sistemi nosografici più utilizzati da psichiatri, psicologi e medici per diagnosticare disturbi mentali e psicopatologici.
Non è detto però che in un futuro molto vicino questo disordine non possa assurgere al riconoscimento di entità nosologica a sé stante: questo è anche uno degli obiettivi che si prefigge AIMeF, l’Associazione Italiana di Medicina Forestale.
La risposta alla Sindrome da deficit di Natura: la Medicina Forestale o Forest Therapy
A partire dalle ricerche dei due medici giapponesi considerati a ragione i padri della Medicina Forestale, il dott. Qing Li e il dott. Yoshifumi Miyazaki, si sono moltiplicati nel mondo studi scientifici, condotti con serietà e rigore, che hanno portato alle conoscenze odierne sugli effetti salutari prodotti sul nostro organismo dai B-VOC delle piante.
Solo per citarne alcuni, ricorderò l’azione sul sistema immunitario, argomento oggi quanto mai sensibile.
Un indicatore fedele dello stato di buona salute del nostro sistema immunitario è rappresentato dall’attività delle cellule NK (Natural Killer), linfociti che distruggono cellule batteriche, cellule infettate da virus e cellule neoplastiche, la cui azione è mediata da alcune proteine comunemente dette “anticancro”.
Qing Li volle studiare se i bagni di bosco aumentassero l’azione del sistema immunitario e con un famoso esperimento dimostrò di fatto che un giorno nel bosco aumentava la percentuale di cellule NK del 40% con livelli che si mantenevano elevati per una settimana; due giorni nel bosco aumentava la percentuale di cellule NK del 50% per un mese; l’attività delle cellule si incrementava del 52,6% e la concentrazione delle molecole “anticancro” aumentava dal 30 al 48%.
Un altro effetto di rilievo è quello operato sul sistema nervoso autonomo e sulla riduzione dello stress.
Lo stress di per sé non è un fatto negativo, è una reazione utilissima dell’organismo per fronteggiare situazioni di emergenza, nelle quali il nostro Sistema Nervoso Simpatico, mediante la produzione di ormoni quali Adrenalina e Cortisolo, crea tutta una serie di alterazioni nel corpo atte a prepararci alla lotta o alla fuga.
È grazie al Sistema Simpatico che noi ogni giorno andiamo a lavorare, affrontiamo i problemi quotidiani, ma per essere fisiologico e non provocare danni, l’eccitazione del Simpatico deve essere contenuta nel tempo. Il problema sorge quando le situazioni stressanti perdurano a lungo e i livelli di cortisolo rimangono costantemente al di sopra della norma, esponendo gli organi bersaglio ad un affaticamento che li usura, con la conseguenza di un maggior rischio di sviluppare numerose malattie, da quelle cardiocircolatorie (ictus o infarto) fino ai tumori.
Ecco perché il cortisolo viene preso come un indicatore molto fedele del livello di stress cui siamo soggetti.
È stato dimostrato da numerosi studi che i bagni di bosco riducono il cortisolo e l’adrenalina in misura proporzionale al tempo che si passa nel bosco, con effetti benefici sul recupero dello stress.
Centinaia di altri studi, poi, attestano i benefici dei bagni di bosco su altre componenti della nostra salute: dall’efficacia sui disturbi del sonno alla riduzione degli stati d’ansia; dalla normalizzazione della pressione arteriosa alla regolarizzazione della frequenza cardiaca; dall’aumento della lucidità mentale alla diminuzione della glicemia.
Shinrin-yoku
Mi piace descrivere la pratica dello Shinrin-Yoku, o Bagni di bosco, usando le parole dello stesso Dott. Qing Li.: “Lo shinrin-yoku è l’arte di comunicare con la natura attraverso i cinque sensi”.
Non si tratta di una semplice camminata, non è un’escursione né trekking. Il bagno di foresta significa entrare in connessione con la natura e farne esperienza attraverso l’uso consapevole dei cinque sensi.
Una parte importante dei protocolli di immersione forestale di AIMeF, stilati sulla base della pratica originaria codificata in Giappone, è dedicata alla attivazione dei 5 sensi: OSSERVARE i colori e le forme; TOCCARE gli alberi e la terra; ANNUSARE i profumi e le essenze; GUSTARE il sapore dei Fiori e dei Frutti commestibili; ASCOLTARE i suoni della Natura; FERMARCI, diventare un tutt’uno con la Natura; CHIUDERE GLI OCCHI, rafforzare la consapevolezza, ricordarci di muoversi lentamente e respirare profondamente.
Come accade nei numerosi Forest Bathing Center giapponesi, anche durante le immersioni forestali guidate da esperti AIMeF un momento importante è quello del rilievo non invasivo di alcuni parametri (pressione, saturazione di ossigeno, frequenza cardiaca e altri) prima e dopo l’immersione, pratica, questa, oltremodo motivante per i partecipanti, che possono verificare direttamente la regolarizzazione dei propri valori, e utilissima per la ricerca che AIMeF sta conducendo in Italia per promuovere il riconoscimento della Medicina Forestale come forma di Medicina complementare di promozione della salute.
Future prospettive…
In Giappone, la Medicina Forestale viene insegnata nelle università e prescritta come terapia medica.
Anche in Scozia e in Svezia la terapia forestale è regolamentata e prescritta dal sistema sanitario.
In Italia, invece, non è ancora conosciuta e tanto meno riconosciuta come disciplina di medicina complementare e bionaturale: per promuoverla, nel 2018 è nata AIMeF, l’ Associazione Italiana di medicina forestale.
La Medicina forestale non si pone in competizione o in alternativa a quella convenzionale; sarebbe ideale integrarla nel campo della medicina preventiva e nella promozione della salute.
Il sogno è che si possa arrivare al riconoscimento della “Sindrome da Deficit di Natura” come entità nosologica diagnosticabile dai medici, e che si possa arrivare anche in Italia, come già accade in altre parti del mondo, a che i medici possano prescrivere “Dosi di Natura” prima dei farmaci, visto che sono di dimostrata efficacia, prive di effetti collaterali e a costo zero.
Il sogno è che, anche attraverso questa strada, si arrivi ad accendere negli uomini una nuova coscienza di custodi della Natura, dei Boschi, delle Foreste in quanto prezioso scrigno della nostra salute, come indicato dalle sagge parole del Prof. Stefano Mancuso, scritte a prefazione del “Manifesto della Medicina Forestale”:
“L’uomo si è evoluto in mezzo alle piante…soltanto recentemente, direi da pochissimo, in termini evolutivi, l’uomo si è distaccato dal suo ambiente naturale.
Ritornarci, passare del tempo nel Bosco..ha tali e tanti positivi effetti sulla nostra salute..che la cura delle Foreste dovrebbe essere un ambito della Sanità, più che dell’Ambiente!”
Non dimentichiamo che siamo ancora Esseri Forestali ed abbiamo bisogno di tornare a frequentare la natura, perché tornare a immergersi nella foresta è per noi tornare a casa.
Per approfondire:
Associazione Italiana di Medicina Forestale www.aimef.net – info@aimef.net
Scuola di Medicina Forestale www.educam-medicinaforestale.com – info@educam-medicinaforestale.com
MANIFESTO della Medicina Forestale edizioni@airop.it
Eventi di Medicina Forestale con Crediti ECM per Professionisti Sanitari ecm@airop.it
Bibliografia.
- Richard Louv. Last Child in the Woods: Saving Our Children from Nature-Deficit Disorder 2005
· Li Q. Shinrin-yoku. Immergersi nei boschi. Edizioni Rizzoli; 2018.
· Miyazaki Y. Shinrin-yoku. La teoria giapponese del bagno nella foresta per ritrovare il proprio equilibrio. Milano: Edizioni Gribaudo;2018.
- Li Q; Kobayashi M; Wakayama Y; Inagaki H; Katsumata M; Hirata Y; Hirata K; Shimizu T; Kawada T; Park BJ; Ohira T; Kagawa T; Miyazaki Y, Effect of phytoncide from trees on human natural killer cell function. International Journal Of Immunopathology And Pharmacology [Int J Immunopathol Pharmacol], ISSN: 0394-6320, 2009 Oct-Dec; Vol. 22 (4), pp. 951-9; Publisher: Sage Publications; PMID: 20074458.
- Li Q., Miyazaki Y., B.J. Park, et al. (2009) Effect of phytoncide from trees on human natural killer cell function. International Journal of Immunopathology and Pharmacology, 22(4), 951-959.
- Tsao TM; Tsai MJ; Hwang JS; Cheng WF; Wu CF; Chou CK; Su TC, Health effects of a forest environment on natural killer cells in humans: an observational pilot study. Oncotarget [Oncotarget], ISSN: 1949-2553, 2018 Mar 27; Vol. 9 (23), pp. 16501-16511; Publisher: Impact Journals; PMID: 29662662.
- Li Q, Miyazaki Y et al., Forest bathing enhancent human natural killer activity and expression of anti-cancer proteins, “Int J immunopathol pharmacol” 2007.
- Li Q, Miyazaki Y et al., A forest bathing trip increases human natural killer activity and expression of anti-cancer proteins in female subjects, “ J Biol Regul homeost Agents” 2008.
- Li Q, Miyazaki Y et al., Visiting a forest, but not a city, increases human natural killer activity and expression of anti-cancer proteins, “Int J immunopathol pharmacol” 2008.