Sport e benessere. Sport è benessere.
Come un accento può cambiare l’approccio ad uno stesso concetto…ed alla fine stravolgerlo del tutto.
Parte oggi la nuova rubrica di Doctor Rainbow dedicata allo sport ed a tutti i suoi riflessi sulla vita di ogni individuo che lo pratichi. Che sia per passione o per mansione, ritagliare una parte della propria giornata per una disciplina fisica genera effetti sulla mente e sulle emozioni. Talvolta positivi ma sempre più spesso negativi. Da qui dunque la necessità di riflettere un attimo su quell’accento grave che ne definisce il segno.
Doctor Rainbow fa dell’equilibrio psico-fisico il suo credo ed il suo manifesto comunicativo. Questo spazio mensile accoglierà riflessioni e consigli su ciò che lo sport davvero può rappresentare nel nostro divenire quotidiano. Un’attitudine dinamica bilanciata, una disciplina educativa (o ri-educativa), un’ispirazione oppure uno strumento guida a supporto degli obiettivi della mente…e perché no, anche dei suoi sogni.
Ma torniamo all’incipit.
Lo sport è davvero benessere? Non è detto.
È benessere una rigenerante camminata mattutina per un campione da divano.
È benessere una temprante corsa a ritmi sostenuti per un ex maratoneta in pensione.
È benessere una combo bici/nuoto per un ragazzone in piena salute ed è benessere una sfiancante sessione di pesistica indoor per un climber che punta ad aumentare la propria forza.
E fin qui tutto torna.
Ma è anche benessere una placida oretta di pilates per un big Jim tutto muscoli o un pugile agguerrito a cui serve però ritrovare il baricentro.
Senza parametri. Individuare l’obiettivo, perseguirlo, raggiungerlo. Stop.
Non è benessere lo sforzo, la fatica, l’eccesso. Ci viene detto che l’efficacia si misura con la stanchezza. Che un fisico adulto ed in salute può e deve esagerare. Che dolore fisico fa rima con motivazione. Ma perché? Per cosa? Per un post sui social forse con un hashtag powerlifting a corredo. Non per benessere.
È vero un po’ di stanchezza ci deve essere ma a che serve il potenziamento della nostra intelligenza se non a diventare responsabili coach di noi stessi?
L’augurio che faccio a questa rubrica ed alla sua crescita insieme ai lettori è di alimentare un dialogo. Uno scambio di domande e suggerimenti su quanto sport compiamo, di che tipo, intensità, regolarità. Con quali emozioni lo coloriamo, con che sensazioni lo terminiamo e con che sogni lo alimentiamo.
Comprendere il motivo reale che ci spinge all’allenamento. Ascoltare ed assecondare i limiti del nostro cuore. Quello vero e quello allegorico. Lavorare sul battito, sul ritmo regolare della nostra vitalità e sulla metrica dei nostri pensieri.
Partiamo da qui. Dal movimento come forma di equilibrio dinamico.
Lo sforzo lasciamolo agli agonisti che attraverso il sudore portano a casa lo stipendio. Noi amatori puntiamo al vero senso dello sport: azione catartica di tonificazione mentale. Tendiamo al nostro limite ma senza arrivarci. Il corpo va accompagnato nell’allenamento non torturato. I rotolini post aperitivi estivi ne beneficeranno lo stesso. Soprattutto quando una mente serena guarderà il proprio riflesso nello specchio e li vedrà come una trasgressione vacanziera rimediabile e non come un’onta all’immagine del proprio profilo mediatico!
Citazione del mese:
“Ci si può drogare di cose buone, una di queste è certamente lo sport”
Alex Zanardi
Infatti un’accento cambia una visione