Questo articolo lo sto scrivendo in tempo reale. Si tratta di un viaggio di famiglia. Tre giorni in Egitto. Un papà, una mamma e le loro due figlie, di 7 e 9 anni.
Ho deciso di raccontarlo in versione LIVE mentre siamo sul volo di andata verso il Cairo.
L’entusiasmo delle bambine è molto contagioso, ci avvolge in un alone di allegria, curiosità e divertimento.
Aeroporto Roma Fiumicino. Spieghiamo loro, passo dopo passo, come e cosa deve fare un viaggiatore, rendendole protagoniste: cercare il terminal, andare alle partenze, individuare il tabellone con tutte le informazioni sul volo. Con grande soddisfazione, riescono a riconoscere la compagnia aerea, la destinazione e il desk per effettuare il check-in. Controllo passaporti, identificazione del gate e monitoraggio dell’apertura imbarco. A bordo, individuazione dei posti assegnati. Superata a pieni voti la prova, ci godiamo il premio: Original Pringles, una nostra tradizione di famiglia. A seguire, M&M’s, rigorosamente da condividere in base alla scelta dei colori.
Com’è bello viaggiare insieme ai figli (nel nostro caso ancora piccoli)! Lo trovo terapeutico per il cuore.
Noto che, lasciando a terra gli impegni, le corse, gli orari e i doveri, la linfa familiare acquisisce una consistenza diversa, il mondo assume colori che spesso nella frenesia quotidiana si opacizzano, facendoci quasi dimenticare la loro vividezza.
Proprio adesso, mentre scrivo, mio marito chiacchiera con i colleghi, una delle bambine legge il suo libro e l’altra disegna. Io ascolto la musica con delle cuffie spaziali e il ritmo della Bossa Nova nelle orecchie mi fa piacere ancora di più l’atto del raccontare. Adoro scrivere. Amo ancora di più farlo mentre sono in volo. Ci osservo e vedo che, nonostante siamo tutti e quattro concentrati ciascuno nella propria attività, esiste comunque una bolla comune, invisibile, che ci fa sentire uniti. Me la godo, assaporo questo momento e mi faccio pervadere dal senso infinito di gratitudine. Mi si scalda l’anima, si riempie il cuore.
Non avevo previsto questa prima parte di narrazione letteralmente “dal cielo” ma ho seguito il flusso, sorto spontaneo già mentre facevo i bagagli. Mi sono ritrovata a scrivere nella mente, prima ancora di poter trasferire le parole sulla carta. Ho compreso, ancora una volta, quanto siano importanti i preparativi per un viaggio. In questo caso l’atmosfera nata dal fermento delle valigie in giro per casa ha settato la base della nostra mini vacanza.
E in un battibaleno eccoci qui, arrivati al Cairo. Stiamo aspettando un presunto autista del quale non si vede traccia. Sollecito il B&B e poco dopo arriva un ragazzo egiziano tutto trafelato con il nostro cognome su un cartello. Per fortuna abbiamo solo 2 trolley a mano… visto che dobbiamo camminare per dieci minuti prima di arrivare alla macchina. Durante il tragitto in auto, con l’aria condizionata a 16° – mentre fuori ce ne sono 28 – veniamo assorbiti dall’interminabile parlantina di Hassan, questo è il suo nome. Ci colpisce la guida folle degli egiziani ed il loro suonare ininterrottamente il clacson, come se fosse uno sport, ogni attimo, senza apparente motivo.
Dopo qualche ora ho la netta sensazione di un grande caos intorno a noi: si espande ovunque, a vista d’occhio. Penso subito che una vacanza simile gioverebbe a quel genere di persone che desiderano allentare qualche forma di controllo, perché la sensazione percepita nell’aria è quella di fare le cose alla “come viene viene”. Questo aspetto, a fine giornata, mi fa sentire… più leggera! Lo trovo strano e allo stesso tempo divertente, quasi come una piacevole sfida.
Ecco, se avete bisogno di arrendervi a qualcosa, potreste sperimentare una vacanza al Cairo (e a Giza, nostra destinazione finale). Il disordine rappresenta la parola chiave dell’effetto Healing di questo viaggio. Decido di accoglierlo. Osservo il disagio che provano le nostre figlie.
Attraverso i loro occhi mi sembra di vedere tutto contorto, non comprendono come sia possibile che esista un luogo così diverso rispetto al loro verde quartiere romano e alle nostre abitudini familiari. Insieme a mio marito, gli spieghiamo alcune differenze culturali, le invitiamo ad ammirare ciò che c’è di bello, ad esempio le Piramidi (proprio ora in una prima versione notturna), la meta per cui siamo arrivati fin qui.
Superata una difficile notte per via di fastidiosi rumori provenienti dal Roof della struttura (aperta h24), ci alziamo di buon umore, facciamo colazione in terrazza proprio di fronte alla Sfinge e andiamo a visitare il museo egizio.
Dopodiché, ora di pranzo, chiediamo al nostro autista di portarci a mangiare in un posto non turistico. Lo invitiamo ad unirsi e ordiniamo. Lui rimane in piedi vicino a noi, più o meno nella modalità di una guardia del corpo. Viviamo una delle migliori esperienze di Street Food mai provate! Un Kebab così non lo si dimenticherà facilmente, comprese le bimbe che si divertono molto con l’effetto “guarda-che-turisti-curiosi” suscitato intorno a noi.
Prima erano invece diventate improvvisamente più serie quando in un primo momento Hassan aveva risposto “no grazie, per oggi ho già mangiato” dicendo che molti di loro fanno solo 1 o massimo 2 pasti al giorno. Sono rimaste a bocca aperta, non solo per questa informazione ma anche e soprattutto per tutte le altre “difficili realtà” che vedono lungo il tragitto per andare al famoso Suk. Sembra di stare dentro al film Indiana Jones! Scenario molto variopinto, ansia misto adrenalina, sensi molto sollecitati da tante spezie, infiniti colori, toni alti di voci caratteristici del contesto, un misto fra apparenti suppliche, incalzanti rincorse, continui inviti, quasi pretese, ecc. Dopo innumerevoli contrattazioni per alcuni acquisti tipici, ci ristoriamo con del succo fresco di mango e del dissetante carcadè.
Io continuo a prendere appunti per il mio articolo. Tornati al B&B, ceniamo in terrazza. Peccato che, per essere serviti, trascorra di nuovo un’eternità! Consiglio: a Giza cercate di non arrivare troppo affamati al ristorante!
Il giorno successivo, guida simpatica! Visitiamo le piramidi, trasportati da un calesse tipo Casa nella Prateria. Il giro è tanto affascinante quanto lungo. Fa davvero caldo. La nostra salvezza, specialmente per le piccole viaggiatrici, è PIZZA HUT, la famosa catena americana di pizza, che ci compare davanti come un miraggio! Rappresenta la gioia per la più piccina che durante questi pasti egiziani ha patito le pietanze troppo speziate per il suo palato delicato.
Prima di tornare alla base, improvvisiamo un salto al vicino Museo del Papiro. Assistiamo ad una dimostrazione pratica sulla creazione del papiro, le bambine restano affascinate. Risultato: ne compriamo uno. E` l’Albero della vita, personalizzato con i nostri 4 nomi incisi a mano. Sarà il ricordo simbolo della vacanza! Oltre alle decine di foto scattate.
Concludiamo la giornata con una magnifica gita nel deserto. Padre e figlie su un cammello, io a cavallo. Quante risate! Esperienza super divertente, anche questa novità entra nella storia dei nostri racconti di viaggio. Il loro cammello, battezzato MIKEY MOUSE dal padrone, fa dei versi buffi, a tratti persino spaventosi.
Per me arriva la realizzazione di un sogno: galoppare nel deserto. Ciliegina sulla torta: al tramonto.
Che senso di libertà! Con il sole sul viso, in mezzo al nulla più totale, assaporo il vento nei capelli e mi godo la soddisfazione di concretizzare un desiderio coltivato per anni.
Scelgo di rimanere con addosso questa sensazione, in attesa della prossima escursione, chissà dove, in qualche altra parte del mondo.
Stay Tuned!
Valentina